Turismo in Calabria

E’ strano pensare che più di mille anni fa questo era un centro cruciale di scambio di idee culturali, religiose e filosofiche, che attirava letterati e uomini di chiesa provenienti da ogni dove, che traevano qui nutrimento spirituale, grazie all’importanza dell’abbazia del Corazzo costruita dai monaci benedettini intorno all’anno mille, che raggiunse il massimo splendore nel XII sec., sotto l’ordine Cistercense, divenendo ben presto la principale filiale della più importante Abbazia Cistercense in Calabria a Luzzi.

Proprio al periodo di massimo splendore si lega all’Abbazia il nome di Gioacchino da Fiore, uno dei più grandi mistici del medioevo, ricordato da Dante nella Divina Commedia, che dal 1177 al 1187 fu Abate dell’Abbazia del Corazzo dove scrisse le sue opere più importanti, prima di trasferirsi in Sila dove fondò San Giovanni in Fiore. Nel XVI sec. si trasferì al Monastero del Corazzo, Bernardino Telesio da Cosenza, qui soggiornò per diversi anni attratto dalla bellezza dei luoghi e dalla ricchezza dei volumi della biblioteca dell’abbazia. Fu proprio qui che trovò quell’ "anima della natura" che lo consacrò "Filosofo".

Oggi rimangono solo le mura dell’ Abbazia di Santa Maria del Corazzo, in questo luogo solitario e quieto, anche se i centri più vicini Carlopoli e Soveria Mannelli sono solo a pochi chilometri, della civiltà qui non se ne sente traccia e neanche la mancanza a dire il vero.

Oggi siamo solo noi e i resti dell’Abbazia, dal chiostro disposto al centro con in mezzo il pozzo per l'acqua, si ha accesso alle camere dei monaci, all’aula dove i monaci si recavano a leggere le sacre scritture, ai magazzini, alla cappella dei visitatori, alla farmacia, al refettorio, all’ infermeria, alla foresteria. Appena arriviamo vediamo la chiesa a croce latina che era compresa di torre campanaria, dietro l'altare un coro e dietro la chiesa stava la camera della sagrestia. La chiesa a navata unica che si apre su cappelle laterali è la parte meglio conservata dell’edificio monastico.

Rapiti dal fascino che doveva avere nel XII sec. quando era nel pieno delle sue funzioni, disposta su tre piani di cui oggi ne rimane poca traccia, osserviamo in bella mostra gli archi che reggevano il peso di quel complesso e che fanno da cornice ai quadri della natura.

L’Abbazia fu in parte distrutta dal terremoto che colpì la Calabria nel 1783, ma molte delle opere artistiche del monastero sono state salvate e custodite nelle chiese del comprensorio, come l’altare maggiore a Soveria Mannelli e il tondo marmoreo a Castagna.